il mondo di franz
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Trentesimo della Maturità
venerdì 22 giugno 2012
Trentesimo della Maturità 1982 -2012 – Sezione A, Liceo Ginnasio D.Manin
L’idea parte da uno scambio di battute con la mamma della Paolina Aschieri che mi chiede se avessi intenzione di organizzare qualcosa per la ricorrenza della Maturità o per il cinquantesimo dei coscritti del 1963, aggiungendo che secondo lei sarei stato l’unico in grado di simile impresa. Beh, faccio a meno di dirvi che la scelta del trentesimo al posto del cinquantesimo sia venuta da sé…
Tengo a precisare fin da subito che questo è stato l’unico aiuto pervenuto dalla famiglia Aschieri. Per il resto la Paola si è detta subito disponibile a rintracciare compagne e compagni, ma poi non solo non ha stanato nessuno di quelli che aveva detto di vedere o sentire ancora, ma ha pensato bene di non ricaricare mai il suo cellulare così da tagliare i ponti in modo più netto.
Fase UNO: chi eravamo.
Vado a casa di mia cugina Chiara Persico, che ci conosceva bene, e le sottopongo l’idea chiedendo anche di procurarsi l’elenco dei maturandi in segreteria al Liceo, dove lei lavora ancora. Le chiedo anche di chi abbia ancora notizie. Parte subito malissimo: l’anno scorso in gita a Roma si era sentita chiamare durante una visita ad una chiesa della Capitale, si era voltata e si era trovata davanti Gnagno nelle vesti di sacrestano della chiesa stessa. A seguire mi passa un’imbarazzante serie di mezze notizie ricevute tramite tam-tam e quindi totalmente inaffidabili circa la Giusi. Persa sulla via di Damasco, lavoro abbandonato, cuore infranto, peregrina per l’Italia, seguace di un santone, qualche guardia medica ad Assisi. Mi uccide così una certezza assoluta: andare all’ospedale di Cremona e chiedere della Dottoressa Bisceglie. Segue gag in segreteria al Manin con personale molto disponibile a stampare l’elenco, ma, una volta realizzato che non esisteva archivio informatizzato dell’anno 1982, molto meno felice di andare in uno stanzone polveroso ed estrarre un librone enorme dove vergato con penna stilografica e grafia vagamente ottocentesca, si trovava detto elenco. Fotocopia A3 del tomo. Se penso che adesso abbiamo il 50% della nostra vita su di un telefono…
Fase DUE: la caccia
Mi metto alla scrivania, foglio bianco, e approccio il problema con metodo (mai vista una puntata di CSI, ma mi sento di aver agito così). Scrivo l’elenco dei nomi e accanto aggiungo le informazioni. Facile entusiasmo: ho un certo numero di contatti diretti. Fabrizio, Panta, la Chiara, la Paolina, l’Angela, Antonio, Stefano e l’Alessandra li ho sotto mano. O perché ci frequentiamo regolarmente o perché vivono ancora a due metri da casa mia. Per la prima sera sono quasi soddisfatto: 8 su 24, un buon 30%, quasi vado a letto. Invece no: la curiosità prende il sopravvento. E gli altri dove diavolo saranno finiti? Le donne devono essere anche più difficili degli uomini in quanto se si sono sposate hanno cambiato cognome. Ahia. Decido di prendere la strada di Facebook: non ho un profilo, ma mia moglie ne ha uno. Da subito realizzo che lo strumento è promettente: trovo diversi nomi. Preparo un patetico messaggio del tipo: “Ciao, sono Franz Ferrari, ti scrivo attraverso il profilo di mia moglie Cristiana. Sto cercando di organizzare una cena per il trentesimo
della Maturità. Sarà il 22 Giugno alle 20 ritrovo davanti al Liceo. Mi fai sapere?” Mentre lo mando, già mi sento un cretino. Ma tant’è: la Giusi è la prima a cui scrivo. Ho pensato che dovendo rientrare per l’occasione dall’India dove sicuramente doveva essere andata a vivere con il suo santone (chissà perché tutte le donne ad una certo punto della loro vita, vogliono andare in India a cercare se stesse, mi domando nel frattempo), mi sembrava carino farle sapere la cosa per tempo. Marco sul foglio: “avvisata su FaceBook” (avevo stabilito 4 giorni per una risposta, altrimenti avrei cercato altre vie). Comunque io in India ci sono stato per lavoro: gente carinissima, trattative estenuanti forse peggio della Cina. Mi è sfuggito l’aspetto più prettamente meditativo (a parte meditare su come non farsi venire la diarrea tutte le volte che porti qualcosa alla bocca), ma sono certo che l’atmosfera di certe città faccia miracoli. La Giusi molto professionale: ha risposto subito mostrando grande dimestichezza con la tecnologia. Sospetto addirittura legga le mail sul telefono, tanto è pronta nelle risposte. Si è tenuta sempre aggiornata sui progressi. Mi ha aiutato con qualche contatto e dato preziosi consigli. Inoltre l’idea di questa cronistoria è stata sua
A proposito: come ho scelto la data? Semplicissimo. Ho telefonato a Panta e gli ho chiesto quando in Giugno era impegnato a giocare a golf. Poi ho scelto di conseguenza. Mia moglie, con tocco tipicamente femminile, mi ha detto di diramare le convocazioni prima possibile in quanto le compagne di classe avrebbero gradito avere un adeguato lasso di tempo per “prepararsi” ad un incontro dopo trent’anni. La pressione cominciava a salire: dovevo fare in fretta
A seguire uno facile facile: Guido. Penso: se anche non mi risponde, sua mamma abita a 20 metri da casa e la vedo a Messa. Niente di più facile. Nel frattempo lo trovo su FaceBook: in completa tenuta da cow-boy dalla testa ai piedi, cappello incluso. Grido nella notte: “Ossigeno, lo stiamo perdendo!”. 5 minuti buoni per riprendermi e penso: ma non era tutto preciso e lavorava per un colosso della chimica dopo una superba laurea? Vuoi vedere che era l’eminenza grigia del crack della Enron e vive godendosi i miliardi nel suo ranch e la sola chimica che gli è rimasta è la cacca delle sue mandrie? Poi ho telefonato a sua mamma e mi sono fatto dare il cellulare. Solita nota di fianco al nome
Rossella: la cosa mi intriga. Ultime notizie pervenute: scappata con suo professore di cui si è innamorata. Vagato per il mondo (solita tappa in India) e stabilita in Inghilterra, forse avvocato. Qui parto da Google: il nome non comune potrebbe portare dei risultati. Infatti: redattrice in una studio che fornisce consulenze agli avvocati in materia legislativa (mai sentito niente di più noioso). C’è persino la foto. Passo al setaccio il sito, vedo come sono costruiti gli indirizzi mail partendo dai nomi e provo. Segno sul mio foglio: inviata mail. Tra me e me penso: roba facile anche questa. Vado a Londra 8-10 volte l’anno. Mi presento sotto lo studio e suono. Invece mi risponde subito e stabilisco un contatto. Non può esserci ma vi saluta tutti e vuole i gossip.
Passano i giorni ed entra in gioco mia figlia Sofia che con l’entusiasmo e la curiosità tipica dei bambini si appassiona e tutte le sere foglio alla mano mi aiuta e mi riempie di domande. Spesso con l’iPad seduta accanto a me si da fare. Quando la vado a prendere a scuola appena esce mi domanda: hai trovato la Maria Cristiana? E la Monica? Sei ancora al palo? Non potevo non portarla all’appuntamento: vi conosce come me, e vi voleva vedere.
In perfetto stile servizio militare spunto chi mi manca: -10, -7 e via così
Maria Cristina Cabrini: sembrava cosa facile. Ricordavo che il padre fosse amico di mia zia (la moglie del nostro Preside!). Chiamo la zia: nebbia fitta. Non lo sente da anni. Forse un’amica ha ancora dei contatti, forse. La Rossella mi dice che i suoi genitori abitano ancora nella sua stessa palazzina, ma pare non ci siano mai. Cerco tramite l’indirizzo e chiamo qualche decina di volte: niente. Google: Non Solo Piega, di Maria Cristina Cabrini, parrucchiera in Pavia. Ahia, suona male. Non si sa per quale motivo mia figlia si intestardisce che sia la persona giusta. Pazientemente le spiego che mi sembrava molto strano che una ragazza il cui padre era professore, che aveva fatto il liceo classico e poi lettere all’università, avesse deciso di fare la parrucchiera. A meno che non avesse deciso di diventare miliardaria, nel qual caso avrebbe fatto una scelta assennata. Niente da fare: mi ha ossessionato affinché telefonassi a Non Solo Piega, cosa che non ho fatto accelerando affannosamente la ricerca e inventando patetiche scuse. Poi la Paola Pieresca mi ha detto che Maria Cristina lavorava a Parma e il cerchio si è stretto su di lei. Ho trovato un elenco del provveditorato agli studi di Parma, peraltro non aggiornatissimo, in cui Maria Cristina figurava insegnare presso il Liceo Ulivi. Qualsiasi cosa piuttosto di Non Solo Piega. Cerco il numero del Liceo, parlo con la segretaria alla quale lascio messaggio dettagliato e mio numero di telefono. Non dimentico di dirle che se Cristina non mi avesse richiamato entro tre giorni, avrei personalmente dato fuoco al Liceo. La cosa deve averla colpita, perché per guadagnare tempo, mi avvisa che il giorno dopo sarebbe stato il giorno libero di Cristina. Per sicurezza attuo piano di riserva: La Paola mi aveva detto che un suo nipote studia nello stesso liceo: le mando SMS dicendole di imporre al nipotastro il piantonamento delle classi di Cristina.
A proposito di Paola Pieresca, regina del Foro di Parma. Balza tra le prime risposte di Google, ma l’indirizzo mail è vecchio come il cane di San Rocco. Non risponde. Scrivo a sua sorella, che salta fuori all’Istituto San Matteo di Pavia e le chiedo aiuto. Magicamente mi risponde il giorno dopo e intanto reperisco anche un appropriato numero di telefono dello studio. Segno tutto e passo oltre
UN OSSO DURISSIMO: Monica Farina. Diventa praticamente un’ossessione. Trovo che ha studiato alla Cà Granda a Venezia. Trovo persino il titolo della sua tesi: “Il Parco del Po a Cremona”. L’Alessandra mi aiuta molto e mi dice che dovrebbe vivere a Lisbona. Google Translator: da Italiano a Portoghese “ordine degli architetti di Lisbona”. Copia incolla in Google. Una piccola luce in fondo al tunnel: pubblicati due lavori 7 anni fa. Vado nel sito della comunità di Lisbona, mi faccio una cultura in case polari e riqualificazione di aree dismesse e stano una mail. Le scrivo. Non contento noto che un fenomeno di architetto Italiano ha la tesi pubblicata on-line e cita la partecipazione ad un congresso. Riconosco il congresso: Monica era stata relatrice. Detto fatto gli scrivo: due architetti Italiani a Lisbona che non si frequentano? E quando mai? Doppio buco nell’acqua. Me la cavo quando l’Alessandra, da un letto di dolore all’ospedale, mi manda SMS con contatto telefonico del padre (madre morta da 20 anni, padre che non vive più a Cremona), ricevuto da una imprecisata cugina di Monica. Lo chiamo e il vecchietto non è arzillo: non ha il numero. Mi dice di richiamare, cosa che faccio, ed ottengo il numero di cellulare della sorella. Questa, che vive a Milano, mi fornisce, perplessa, e-mail e numero di telefono. Scherzi del destino la mail è la stessa che avevo trovato, ma stavolta magicamente mi risponde. Non ha ferie per venire. Torna a Cremona per far visita al padre il 16 Agosto. Ci saluta tutti molto caldamente. Monica era l’ultima della mia lista: il foglio è già diventato un caos quasi illeggibile
Luciano Fioni. Facilissimo: chiamo sua mamma Resi, che comunque incontro spessissimo, e mi faccio dare il numero. Provo un paio di volte e mi risponde: ahia ho sbagliato numero. Questo che mi risponde è il doppiatore dell’ispettore Clouseau! Gli dico di salutarmi tanto il caro Kato e riattacco. In due secondi scrivo a Panta: Luciano ha millantato laurea in medicina e specializzazione in chirurgia estetica. Si guadagna da vivere doppiando i vecchi film di Peter Sellers!!! Ovviamente scherzo: Luciano è in splendida forma, vive e lavora in Francia da anni e ha aderito immediatamente all’invito
Paola Cabrini, il Cabrone. Roba da bambini: sono sicuro che Antonio sia rimasto in contatto. Gli passo l’incarico: non trova più niente. Dopo tre giorni sono già spazientito: gli mando un SMS di questo tono: “cosa diavolo serve essere un genio della fisica se non sei neanche capace di ritrovarmi il Cabrone? Ti do un giorno, poi ti rompo un braccio. Per iniziare”. Alla sera arrivano cognome da sposata e numero di casa dei genitori. Da lì in avanti, tutta discesa
La Dodo: primo contatto col solito patetico messaggio su FaceBook. Il profilo è poverissimo e capisco subito che non lo apre da un paio di lustri. Chiamo l’Angela. Ha il cellulare, ma mi raffredda subito dicendomi che le ultime volte non le aveva risposto, che forse aveva cambiato numero e che aveva ricevuto uno strano messaggio di profonda tristezza. Qui si fa veramente dura. La prendo larga: Google generico. Nome particolare, non come Francesco Ferrari, per intenderci. Esce un numero di un elenco del telefono di un posto sperduto sui bricchi. Non lo prendo nemmeno in considerazione convinto vivesse a Trento (confondendomi con sua sorella che aveva un moroso di Trento che mi aveva riportato a casa una sera che ero così ubriaco da non essere in grado di guidare la bicicletta con cui ero arrivato). Poi alle 21 e 40 il cuore mi dice: proviamo. Risponde una vocina inconfondibilmente di bambina: “Buonasera sono Francesco Ferrari, cerco Domenica, me la potrebbe passare?” Sento perfettamente attraverso il telefono la bimba che trotterella verso un’altra stanza e riferisce il messaggio. Passano alcuni secondi di assoluto silenzio in cui ho potuto nitidamente distinguere la sequenza di espressioni sul viso della Dodo: dall’interrogativo, al perplesso, allo stupito ed infine al divertito. Passi veloci verso il telefono: “FRANZ????” Ci raccontiamo le nostre storie e ottengo immediatamente una delle più entusiastiche adesioni. Mi rimane una curiosità: Google Map, poi Street View e vedo casa della Dodo. Viva la tecnologia, anche perché dato il posto, l’alternativa sarebbe stata: Guide del CAI – Alpi Orientali!
Stefano: lo consideravo uno dei più facili (abita di fronte a casa mia) e per questo ho peccato di presunzione. Volevo il colpo di teatro: avvisarlo dalla finestra. Ho fatto piantonare il suo portone per giorni, poi ho buttato dentro e ho telefonato a sua mamma che mi ha dato il numero del cellulare.
L’Alessandra: la ringrazio moltissimo per avere partecipato attivamente, per avere fornito alcuni “indizi” decisivi e per la sua solita amicizia. Un solo problema con lei: cerco lo studio e mi ritrovo subito nel dubbio: due numeri di cellulare e due numeri fissi. La fortuna del principiante, ho beccato quello giusto al primo colpo
Lorenza Cattadori: è stata con noi un anno. Viveva da sola in terza liceo… Linkedin, rete professionale, et voilà. Mi risponde in 5 minuti. Pensare che già mi vedevo pateticamente a Porta Venezia a guardare sul citofono della casa dove abitava. Trent’anni fa.
Francesca: era nella lista delle certezze della Paolina: “ci penso io, lavora alle Figlie di San Camillo, no problem”. Dopo due settimane la mando a stendere, inforco la bici e mi presento in clinica. Risulta esistente: mi mandano in cardiologia. C’è l’ufficio dell’infermiera aperto, entro e spiego che devo lasciare un messaggio per Francesca De Chiara. L’infermiera con il tipico fare cortese, insiste e vuole sapere che messaggio. Con malcelato imbarazzo riferisco e la cosa la trasforma. Sorrisi, attenda un attimo, vedo se può venire. Terrore: fuori una ridda di vecchietti e non, inaciditi da ore di attesa (non considerano mai il fatto che comunque non hanno nient’altro da fare) comincia a guardarmi di traverso. La Francesca balza fuori dallo studio, abbracci e mi invita ad entrare. Dentro un’anziana coppia assai divertita assiste a tutti i convenevoli e partecipa alla conversazione. Scambio di telefoni e mail e via. Aggiornamento del mio cartellino e spunta di un nuovo nome.
Anna: anche lei su Linkedin. Messaggio. Ma oramai vedo la meta e friggo. Non posso aspettare. Sul profilo leggo San Camillo. Salto in sella e ripeto la stessa scena con esito leggermente diverso. La receptionist (!) le telefona, le spiega e le chiede se deve fissarmi un appuntamento tra sei mesi. Anna deduco la mandi a quel paese e le dice di farmi salire subito. Apro la porta delle scalone e Anna mi sta aspettando sorridente e incredula. Vestita da sala operatoria. Davanti a me scorrono le immagini del film Amici miei e del Prof. Sassaroli: “riportatela in corsia”. Dispone di tecnologia avanzatissima: smartphone di ultima generazione, mail, calendario etc. Tutto organizzato, tutto facilissimo. Nota a latere: speriamo di non doverla rivedere presto in qualità di paziente. Mia figlia vede la mail, la confronta con le comunicazioni che ricevo dagli scout, e realizza di essere all’Agesci di San Bernardo insieme a due dei tre figli di Anna. Buon sangue non mente: piccole detective crescono
Il mitico Pippa. Pressione a mille. Fabrizio e Panta vogliono sapere tutto e subito. Una lunga sequenza di leggende metropolitane si inseguono sui destini del mitico Pippa. Io parto da lontano: sono al Bar 900 a bere il ventesimo (ed ultimo della mia vita) caffè. Ho riletto in una notte tutto il programma di matematica, quarta materia gentilmente assegnatami dalla commissione. Compare sul portone l’intero corpo bidelli (corpo non insegnante o come diavolo si chiama adesso) che mi grida di affrettarmi perché Ferragni, che mi precedeva nell’elenco, non si è presentato. Decido di seguire vie classiche: elenco del telefono. Mi compare subito Augusto Ferragni: il mitico papà di Pippa. Telefono e mi fornisce istantaneamente il cellulare. Chiamo e lo pesco al primo tentativo. Mi cita un paio di impegni di lavoro in località molto lontane che mi insinuano il sospetto che alcune leggende non fossero poi così leggende. Ha confermato la sua presenza
Elena: tutti la vedono, tutti l’hanno vista, tutti le hanno parlato, nessuno mi da una mano. Era nell’elenco della Paolina e questo mi convince subito che era un caso disperato e avrei dovuto arrangiarmi. Non so chi mi dice di vederla spesso uscire da una casa sull’angolo di Viale Trento Trieste. Solita bicicletta: citofono. Niente di niente, nemmeno la speranza che fosse sotto il cognome del marito. Uffici e assicurazioni. Mi soccorre ancora l’Alessandra. Fratello pittore (nel senso di artista). Google: telefono dell’atelier. Solita spiegazione e lascio per primo il mio numero di cellulare per evitare di metterlo nell’imbarazzo di consegnare il numero di sua sorella Elena ad un famoso stalker. Poco dopo mi manda un SMS con il numero. Contatto avvenuto. Tiepida adesione, poi molto più convinta
Gianni: roba da bambini. FaceBook, dove ha uno zillione di seguaci malati di calcio, messaggio e risposta prontissima. Uno che tiene sottocchio il suo profilo. Diciamo che è un po’ il nostro VIP. Siete sempre in televisione come lui? Non credo proprio
Mario: lo lascio ultimo perché ultimo è nell’ordine alfabetico. Ma è stato uno dei primi. Google, vecchio documento dell’Ordine dei Medici di Como. La ricerca si stringe. Ha una linea fissa intestata. Chiamo. Risponde la Signora Vivona che mi passa subito Mario. Entusiastica adesione. Purtroppo anche lui non è rimasto in contatto con nessuno e non mi può aiutare con gli altri
INFORMATIVA SULLA PRICACY: Il mio avvocato è Paola Pieresca del Foro di Parma. Visto come si mettevano le cose mi sono premurato di telefonarle, spiegarle la faccenda e assicurarmi la sua tutela in caso qualcuno di voi decidesse di denunciarmi. Tengo a ricordarvi che la privacy NON esiste. Ormai sul web si trova praticamente tutto. In ogni caso l’Angela ha corrotto un dipendete dell’Ospedale per avere accesso all’archivio dell’ASL per cercare di soccorrermi con i casi più disperati (il delatore, eh eh eh)
Vorrei ringraziarvi del prezioso aiuto che ognuno di voi mi ha fornito. Io ho chiesto a tutti e ho raccolto tanti piccoli indizi e pezzi di un puzzle che mi sono divertito a ricostruire.
Lasciatemi chiudere con qualcosa che tutti voi ricordate bene:
NUNC EST BIBENDUM, NUNC PEDE LIBERO PULSANDA TELLUS
Dopo trent’anni dalla fatidica estate 1982 c’è una buona notizia: ci siamo ancora tutti
E quasi tutti presenti